La figura del job hopper e cosa essa può insegnare agli imprenditori in un mercato volatile

Job hopper è letteralmente un lavoratore che salta da un lavoro all’altro, anche cambiando profondamente tipologia e contesto.

Si tratta di una figura codificata e diffusa negli Stati Uniti già da parecchi anni, generalmente riferita alle giovani generazioni, biologicamente più propense, talvolta costrette a reinventarsi un futuro. Leggevo qualche giorno fa in un articolo della newsletter della rivista Time che i “Millennials”, indicativamente i 18-35enni di oggi non sono più Job hopper –s dei loro genitori, la cosiddetta “Generation X”, cioè i 18-35enni dell’Anno 2000. Entrambi infatti hanno mantenuto una “longevità” a 13 mesi di circa il 60% nello stesso posto di lavoro e di circa il 20% a 5 anni.

In Italia la mobilità è sempre stata notevolmente più bassa, per le profonde differenze nel mercato del lavoro e una mobilità troppo spinta raramente è stata considerata un pregio in un Curriculum Vitae.

Dal 2000, però, ed in maniera evidente dal 2008 le cose sono cambiate profondamente, tanto che per molti, non solo giovani, l’alternativa a diventare job hoppers è stata diventare job losers.

L’età mi relega nella categoria dei Baby Boomers ed in oltre trent’anni di attività lavorativa ho vissuto questi cambiamenti. Come padre di 2 Millennials vedo come sono cambiate le loro sfide rispetto alle mie alla loro età. Ho anche scoperto quanto le mie sfide attuali abbiano elementi in comune con le loro!

Con tutte le incertezze – e la entusiasmante libertà di azione – che ne derivano.

Sì, perché se guardiamo oltre le preoccupazioni e gli affanni comprensibili in chi ha potuto confidare su una remunerazione certa, un mondo in trasformazione è denso di prospettive e di opportunità.

Se abbiamo imparato a fare qualcosa, è probabile che questo qualcosa potrà essere utile in diversi contesti. Per questo l’ultima volta che mi sono chiesto “cosa farò da grande”, mi sono diretto verso l’attività libero professionale, mantenendo l’approccio flessibile del job hopper. Una flessibilità che in un mercato volatile offre maggiori garanzie di ogni contratto a tempo indeterminato.

Nota bene: il job hopper è per me un lavoratore che nelle attività mette il meglio di sé come persona e come professionista, consapevole che il suo rapporto di lavoro si sviluppa nei tempi e nei modi in cui resta di reciproco interesse collaborare. La flessibilità è un plus da offrire al cliente e la professionalità è la dote per cercare nuovi sbocchi.

Domanda. Cosa impedisce ad un imprenditore di utilizzare lo stesso approccio nei confronti dei suoi clienti? Non è anch’egli impegnato in una sfida quotidiana in un mercato volubile ed in continua trasformazione?

Non è interessante l’eventualità di avvalersi di collaborazioni di chi è diventato imprenditore di se stesso e condivide lo stesso modo aperto di porsi verso il mercato? Di mettere in campo competenze esterne fidate, nella ricerca di nuove soluzioni?

Scopriamo che il job hopper,  prima considerato un  po’ il collaboratore opportunista, può rivelarsi un supporto essenziale per l’azienda ed un modello per l’imprenditore per diventare business hopper.

Che ne pensate?