I Clust-ER e le Strategie di Specializzazione Intelligenti in Emilia-Romagna. E se funzionassero davvero?

I Clust-ER sono la versione nostrana, unica ed irripetibile, dei “Cluster”: associazioni territoriali impegnate a sviluppare la competitività di una Regione in ambiti in cui essa ha già numeri e carte per giocarsela sul mercato mondiale.

Nascono da un’idea sviluppata qualche anno fa in ambito europeo, associata al concetto di Smart Specialisation Strategies, “3S”, ovvero Strategie di Specializzazione Intelligenti.

In pratica l’idea di incentivare le Regioni ad adottare strategie di sviluppo personalizzate in maniera “intelligente”. Cioè che valorizzino i settori più vicini alla propria vocazione territoriale ed alle maggiori potenzialità, in termini di competitività e di ritorno economico e sociale. Strategie comunque coordinate e messe a sistema a livello nazionale.

I Clust-ER sono comunità di soggetti pubblici e privati (nella fattispecie centri di ricerca, imprese, enti di formazione) che condividono idee, competenze, strumenti, risorse per sostenere la competitività dei sistemi produttivi più rilevanti dell’Emilia-Romagna.

Decollati alla fine di maggio 2017 i Clust-ER della Regione Emilia-Romagna, coprono i seguenti ambiti:

AGROALIMENTARE

EDILIZIA E COSTRUZIONI

ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE

INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE

INDUSTRIE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE

INNOVAZIONE NEI SERVIZI

MECCATRONICA E MOTORISTICA

Se ne è parlato (anche) in un recente convegno di approfondimento presso CNA Emilia Romagna, presenti i Presidenti protempore dei Clust-ER Meccatronica e Motoristica, Industrie Culturali e Creative e Innovazione nei servizi.

La mia esperienza, in relazione ai suddetti ambiti, potrebbe ricadere nei settori delle meccatronica e motoristica, innovazione dei servizi, energia e sviluppo sostenibile, per cui non posso generalizzare (né oggi sarei in grado). Riporto comunque alcune mie valutazioni:

  • La strategia adottata è senz’altro condivisibile
  • Da parecchi anni si parla di fare “sistema”, ma non sempre – diciamo molto spesso – buone parole non hanno dato seguito a buoni fatti. La mia impressione è che talvolta si sia ritenuto sufficiente costituire un ente per potersi assicurare, magicamente, risultati eclatanti. Spesso la figura del coordinatore non è stata ben definita e, forse talvolta, è stata attribuita a profili compatibili per istituzionalità piuttosto che per competenza
  • Mi ha sempre sorpreso la troppo scarsa presenza di figure come quelle dei Manager e degl’Ingegneri come relatori nei seminari di taglio socio-economico e nella stessa vita della Società
  • Sussistono tuttora importanti differenze di linguaggio e di approccio tra i diversi operatori coinvolti: imprenditori, centri di ricerca, centri di formazione, istituzioni, segno che una vera sinergia non è ancora stata raggiunta,
  • Sussistono difficoltà concettuali da superare soprattutto nelle aziende, chiamate ad una logica di condivisione e di “open innovation” poco sviluppate nella cultura tradizionale
  • Sussistono anche difficoltà pratiche presso le aziende oggi, divise tra quelle che hanno “troppo lavoro” e quelle che non lavorano. Entrambe con un futuro a rischio se non sapranno/vorranno/potranno organizzarsi per il medio termine
  • Se l’integrazione all’interno delle varie filiere non esiste ancora, a maggior ragione un’integrazione tra le filiere è ancora più lontana. Come giustamente mi ha fatto notare il prof. Flaviano Celaschi, Presidente del Clust-ER “Industrie  Culturali e Creative: “non possiamo più permetterci di vivere in un mondo nel quale ESPERTI E SCIENZIATI, PROFESSIONISTI E INGEGNERI, parlino una lingua diversa dai CITTADINI E DAGLI UTENTI dei prodotti e dei servizi. C’è uno sforzo enorme da fare per ricongiungere questi due mondi che si sono separati e che oggi spesso sono uno contro l’altro armati, invece di collaborare. In Industry 4.0 la collaborazione tra questi due mondi è vitale. Senza corto circuito tra B2B e B2C non si va da nessuna parte.

Eppure forse questa è la volta buona. Dai segnali che colgo, dalla consapevolezza degli errori del passato, dalla necessità dichiarata che certi ruoli di coordinamento dovranno essere gestiti da manager con le giuste competenze, da una progressiva diffusione di un modello evoluto di economia (mi viene in mente il libro “La civiltà dell’empatia” di Jeremy Rifkin, pubblicato in Italia nel 2010, lo avevo già sentito parlare a Bologna nel 2004 presso il CTC) vedo le premesse per una svolta culturale senza precedenti.

E una volta che abbiamo imparato a fare sistema davvero, chi ci ferma più?