Occupazione Vs. Automazione ed Interconnessione: la severa sfida per la sostenibilità 4.0

La occupazione è alla base della sostenibilità sociale di un paese o di un sistema. Ebbene, i cambiamenti epocali in corso paiono minare tale sostenibilità. L’esperienza di questi ultimi anni e le previsioni degli economisti per il prossimo futuro non sono rosee. Alla base di questo scenario a tinte fosche, alcune considerazioni:

  • Come ricordava l’economista Jean Fitoussi nell’ultima edizione di Farete 2016, nonostante gli enormi progressi tecnologici, mediamente guadagniamo meno di 60 anni fa e la ricchezza prodotta nel mondo si è polarizzata ancor più in poche mani (vedi precedente articolo)
  • La combinazione di automazione ed interconnettività ha innescato un turbinoso sviluppo del progresso tecnologico, per cui la complessità dei sistemi cresce in maniera esponenziale (vedi precedente articolo), con un impatto diretto repentino sulla occupazione

Riconosco queste dinamiche anche nelle attività che svolgo.

Molto recentemente, per esempio, ho valutato diversi progetti per la gestione di un parcheggio urbano a Bologna, come membro della commissione di gara. La ditta che ha conseguito il maggiore punteggio tecnico ha presentato un progetto realmente “4.0”, molto curato nella funzione essenziale ma altrettanto attento ad arricchire il servizio di parcheggio con una serie di servizi opzionali tra cui il lavaggio dell’auto, la prenotazione di ulteriori mezzi di trasporto, hotel, ristorante, visite, ecc.  che effettivamente potrà fornire a costi molto ridotti, dato che esso risulta opportunamente attrezzato. Tutti i servizi vengono infatti monitorati e gestiti tramite una rete integrata di computer, connessa con le reti degli ulteriori parcheggi che la società già gestisce sul territorio nazionale. L’offerta economica, inoltre, è risultata più economica di quella dei due concorrenti che hanno presentato un progetto tradizionale.

Unico neo: occupazione del personale dimezzata.

Va detto che non è la prima volta che ci troviamo davanti a questa situazione. Anzi.

Ogni volta che una nuova invenzione ha rivoluzionato usi e costumi, vecchi mestieri si sono perduti e nuovi mestieri si sono creati. Finchè i nuovi mestieri non si sono diffusi, moltissimi drammi connessi con la disoccupazione e la povertà si sono consumati.

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L’avvento della ferrovia e poi dell’automobile ha sottratto il lavoro agli stallieri ed ai conduttori di carrozze a cavallo. Posso immaginare i periodi bui che hanno vissuto comunità come Bagnacavallo (vicino a Ravenna) e Scaricalasino (l’antico nome del Comune di Monghidoro, sugli appennini bolognesi), che avevano preso il nome proprio per essere punto di ristoro per gli animali da traino.

Io stesso ho ricevuto critiche per le mie responsabilità sull’occupazione. La prima volta non ero ancora laureato: “tu lavorerai nell’automazione industriale, per cui creerai disoccupazione”.

 

Oggi viviamo ancora una volta questa situazione. Unica differenza, questa volta il cambiamento sarà più generalizzato e più invasivo.

Corsi e ricorsi della storia.

Che fare, ostacolare il progresso?

Il movimento luddista all’inizio del 1800 si illuse che la soluzione alla perdita di occupazione ed alla povertà fosse quella di distruggere i telai azionati dalle macchine a vapore.  Il tentativo fallì e, a mio avviso, non poteva che fallire.

Peraltro oggi la soluzione luddista non sarebbe neanche concepibile, in quanto il progresso è un percorso obbligato che non risparmia più nemmeno gli imprenditori, costretti ad inventare soluzioni sempre nuove in tempi che di umano hanno sempre meno.

Di qui la domanda: è il miglioramento di efficienza che mina la sostenibilità sociale di un paese, o è piuttosto il modo con cui viene gestita la ricchezza prodotta dai risparmi?

Il punto sta qui. Se c’è una cosa che non è cambiata nemmeno negli ultimi decenni nel mondo è proprio la finalità speculativa ed egoistica del business.

A costo di creare guerre, disoccupazione e tragedie, a spese di terzi.

Di qui un richiamo al senso civile di tutti noi e di chi traccia le politiche economiche.

Se è vero che molti lavori potranno essere sostituiti dalle macchine, è altrettanto vero che c’è una enorme necessità di risorse umane ed economiche per curare l’ambiente e la qualità del vivere sociale. Non è difficile trovare abbondanti riscontri di ciò.

Le risorse umane ci sono, vanno istruite e formate in base a valori di civiltà e sostenibilità.

Per quanto riguarda le risorse economiche, riporto la recente osservazione di Bill Gates: quando assumiamo un lavoratore, sul suo lavoro paghiamo le tasse. Quando lo sostituiamo con una macchina, sul suo lavoro non paghiamo le tasse. Se applicassimo le tasse anche sul lavoro della macchina avremmo risorse da destinare a tutte quelle attività importanti cui oggi attribuiamo scarse risorse (cura degli anziani, ecc.)

Morale della favola: una sostenibilità 4.0, cioè compatibile con la Quarta Rivoluzione Industriale in corso, è possibile, forse è la sfida principale del nostro tempo.

La perdessimo? Come ci insegna Darwin, i modelli non sostenibili sono destinati a soccombere.

Per il pianeta Terra non sarebbe un problema: dopo i trilobiti vennero i dinosauri, poi l’Homo Sapiens …

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Con l’unica differenza che il “Sapiens” sarebbe l’unico soggetto ad estinguersi con le sue stesse mani!

(Immagine tratta dal film “The planet of Apes”, 1968)